Antonio Marras a/i 2017: elogio dell’ornamento che narra l’identità oltre il tempo

Un flâneur singolare, squisitamente unico nel suo genere, viaggiatore che vaga irrequieto e insaziabile in mondi sospesi sulla realtà, affollati di storie che attendono solo di essere narrate.

Storie racchiuse in oggetti riemersi e ritrovati dal tempo che fu, in ricordi antichi ed ancora limpidi tramandati giù per lo scorrere delle generazioni, in racconti che appartengono alla terra propria, quella dell’isola sarda, e a quelle lontane ma mai estranee: storie accovacciate in punta di una penna mai stanca di tradurre sul foglio le immagini plasmate dalla fantasia; in punta di mani sapienti, sempre immerse nell’opera sartoriale di dar loro concretezza tattile nella stoffa viva e nei decori accumulati, perciò inconfondibili.

Antonio Marras, rigattiere istintivo e sofisticato della materia e della memoria, che mescola al richiamo forte dell’arte come via prediletta d’espressione, ed impasta assieme alla moda come linguaggio fondamentale di bellezza: non appartiene ad un’unica categoria, bensì al fascino irresistibile ed intenso dello sconfinamento tra le arti e alla profondità della passione a plasmarne le contaminazioni in creazioni di stile da indossare.
E tale alchimia accade nuovamente e felicemente con la collezione a/i 2017-2018!

Ogni collezione da sempre racconta una storia diversa: come fosse un gioco di specchi e riflessi da caleidoscopio, quella dedicata al prossimo inverno, come suggerisce il titolo “Haunted”,si compone di varie presenze, ovvero narrazioni che han preso vita in tableaux-vivants in bilico perfetto tra performance teatrale, installazione d’arte e, per l’appunto, presentazione di moda.
Scene interpretate da modelli e attori che hanno abitato le ampie stanze della Triennale di Milano.
Proprio quelle che, fino allo scorso 21 gennaio, hanno ospitato la mostra antologica dedicata allo stesso Marras: “ Nulla dies sine linea. Vita, diari e appunti di un uomo irrequieto”.

Sullo sfondo, un fil-rouge che dalla vita artistica dello stesso Antonio Marras, già in mostra, si apre in un abbraccio alla vita creativa del regista ed artista armeno Sergej Iosifovic Paradžanov, anche lui custode dell’arte di mescere le discipline per sublimarne le realizzazioni in opere che agganciano lo sguardo con la forza pittorica mentre rapiscono il pensiero con la potenza evocativa.
L’ispirazione parte da qui: da una mostra parigina dedicata al regista che Antonio Marras visitò dieci anni fa, e la cui folgorazione s’innesta nell’immaginario visionario fino a declinarsi, generosa, in un carosello di creazioni maschili e femminili che sintetizzano nella bellezza il penchant di entrambi per quell’approccio da cantastorie di realtà, fatta di oggetti della quotidianità passata, di suggestioni pittoriche, di memorie intime eppur collettive che sfumano nella fiaba sognante, ma con le radici ben aggrappate alla terra madre.

Ed ora, prendiamo l’ensemble appena illustrato e decliniamolo nel linguaggio di poesia stilistica che di Marras è tratto d’identità inconfondibile: ed in un’atmosfera sospesa tra allure retrò e contemporaneità d’intenti si riconoscono le sovrapposizioni di tessuti opulenti e le incrostazioni di decori preziosi, i brandelli di materiali recuperati che prendono una vita nuova, le applicazioni e i ricami che si posano frementi ovunque, dai cappelli alle décolleté, sui colli ampi dei cappotti da uomo e i bomber, sui giubbotti di pelle e sui pizzi sensuali dei vestiti di lei.
Ed ancora, gli accostamenti inusuali che diventano affinità elettive: i completi maschili da uniforme di soldati e gendarmi d’antan e la fluidità lasciva degli abiti femminili, il rigore delle camicie e le trasparenze suggerite, le fantasie floreali che dalla delicatezza man mano esplodono in collage eclettici, gli ori metallici e e i jacquard solenni, i kilt scozzesi e lo chiffon cosparso di ornamenti, le ruches, le balze, i fiocchi. L’ornamento che è segno d’identità, di dichiarazione salvifica d’eccentricità!

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