Il futuro secondo i fashion designer. Un vestito per raccontare la nuova creatività italiana. (Part 2)

La seconda parte dell’inchiesta iniziata la settimana scorsa, in cui chiedo ad alcuni stilisti di pensare al futuro della moda attraverso un loro capo, porta delle sorprese. Questa volta i protagonisti sono quattro designer, Fabio Di Nicola, Vincent Billeci, Sergio Daricello e Michele Chiocciolini, e nelle parole di ognuno di loro il futuro sembra essere imprescindibile risultante di una profonda conoscenza e rielaborazione del passato.
Che sia un capo d’abbigliamento preciso o uno stile, un rimando ad un’epoca, nel parlare di futuro i quattro stilisti coinvolti partono sempre da qualcosa di esistente, che è stato analizzato, studiato, filtrato da un’estetica contemporanea e riproposto pensandolo per un guardaroba che verrà.
A provare ulteriormente come la moda sappia dimostrare una profondità e un approccio culturale che non sempre le vengono riconosciute, soprattutto in Italia.
Non ci resta che leggere quanto gli stilisti, che ringrazio moltissimo, ci hanno raccontato. Enjoy!

Fabio Di Nicola

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“Se dovessi rappresentare il futuro con un mio capo, userei un pezzo che viene dal passato: la ghetta. Per me è sempre stato un simbolo, elegante, utile e forse di maniera. Sono appassionato di menswear e trovo che sia molto difficile accessoriare un look maschile senza cadere in luoghi comuni o al limite del buon gusto.
La ghetta ha sempre eseguito il ruolo di complemento di un look esaltandolo o sottolineandolo. L’uomo elegante di fine secolo la viveva come status, oggi la rileggo come tale in un nuovo contesto. Quello dello sporstwear, ma senza tradirne le radici. Prima esaltava l’abito, oggi completa per me il look regalando una nuova dimensione.
Posso cambiare l’immagine, renderla e rendermi protagonista ripescando da allora, ma pensando ad oggi, e forse con un po’ di presunzione al futuro. Se ci fosse Lord Brummel ne amerebbe l’innegabile eccentricità, Oscar Wilde riderebbe della sua futilità e Huysman la conserverebbe in una teca come oggetto di culto.
La ‘mia’ ghetta è di maglia. Avvicina un mondo urbanwear ad un mondo fashion proiettandone la commistione in un futuro dove l’accessorio diventa un elemento a cui pensare con la dovuta attenzione. La trovate su www.fabiodinicola.com.”

Vincent (Vincent Billeci)

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“Un vestito per raccontare il futuro della creatività? È un abito dalla collezione spring/summer 2015. Una silhouette vagamente anni ‘50, dove l’elemento design è rappresentato da una balza che si trasforma in taschine doppiate in pizzo e decorate con micro cristalli colorati.
Un abito nero, bon ton, impeccabile, con sottogonna in pizzo lunga al ginocchio, adatto per molteplici occasioni.
Questo per me è il futuro della creatività, nello studio di un’eleganza sussurrata mai ostentata, dove la tradizione si sposa con il design e il risultato è sempre un’infinità di possibilità.”

Sergio Daricello

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“Scelgo l’abito di questa foto della s/s 2015 in quanto credo rappresenti una “summa” di quanto fatto fino ad adesso nel mio mondo per l’abbigliamento femminile, e perché in esso credo siano raccolti tutti gli elementi che vorrei portare avanti con le mie future collezioni.
Valorizza innanzitutto la figura femminile, le forme del suo corpo costruendovi sopra un’architettura di tagli, sovrapposizioni e contrasti non solo tra il bianco ed il nero, ma anche dei volumi. Amo questo abito perché nell’essenzialità delle linee rappresenta ai miei occhi il contatto tra il mio guizzo creativo, e la realtà tangibile.
La mia ispirazione proviene sempre dalla “mia” Palermo, città ritrovata, dal Castello Reale, Palazzo dei Normanni, in cui vengono mescolati stili, linee e forme d’arte differenti.
Sono particolarmente legato a questo abito perché risulta essere oggi la rappresentazione e il simbolo del mio ritorno alle origini, il punto di partenza e il punto di arrivo e nuovamente punto di partenza verso un viaggio personale e professionale che in ogni modo proverà a ruotare intorno alla mia città, luogo capace di stimolare nei miei pensieri delle storie in cui tutto è arte ed architettura, dove i contrasti fanno da padroni, dove le ombre di scontrano con luci bianche fortissime, dove l’eccesso di decorativismo si fonde con l’essenzialità.
Amo questo abito poi perché per tagli, il volume e le stoffe utilizzate fa comunque l’occhiolino ad una realtà “couture” che sarà sempre un mio punto di riferimento, e che non vorrei fosse mai abbandonato dalla donna.”

Michele Chiocciolini

© ANGELO TRANI

© ANGELO TRANI

“Ricordo mio nonno quando sotto un sole cocente di Agosto sull’orlo di un campo cucito dalle ormai secche piante di patate mi diceva:
“Michele passami la giubba”; e subito con un gesto che mi sembrava una magia la adagiava sulle spalle. Ognuno di noi ha nel proprio armadio la sua giacca preferita, quella che quando la indossi ti senti a casa. Da qui i miei studi sulla giacca da uomo che con l’aiuto delle maestranze fiorentine riesco ancora a realizzare a mano.
Si tratta di tre modelli che attingono dal passato per portare la “giacca” nel nostro guardaroba futuro con una particolare attenzione alla scelta dei tessuti e alla stampa di miei disegni su di essi.”

  1. Simona Rispondi

    Sempre interessantissimi i tuoi articoli!!!
    Grazie di aver condiviso i tuoi pensieri con i tuoi affezionati lettori.

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