New talents: Augusto Titoni e la sua collezione VV KIDZ (e la mia intervista al designer!)

Siamo in primavera inoltrata e la maggior parte di voi non pensa neanche al prossimo inverno, lo fate se, come me, vi occupate di moda e sapete bene che questa è la stagione in cui gli uffici stampa si sono riempiti delle collezioni f/w pronte per essere fotografate nei nuovi redazionali. Fra sfilate e press day di collezioni per la stagione autunno/inverno prossima ne ho viste parecchie e devo confessare che ho apprezzato molto il lavoro di un personaggio forse non noto a molti, ma che secondo me avrà modo nelle prossime stagioni di farvi conoscere il suo talento.
Lui si chiama Augusto Titoni e io avevo già sentito nominare tempo fa di lui quando si occupava di una collezione, prevalentemente di maglieria, della quale avevo scritto anche su lepilloledistefano, poi di Titoni mi aveva parlato l’amico comune Emiliano Laszlo per una collaborazione che i due avevano sviluppato proprio nell’ambito della linea di Emiliano, dai lettori di questo blog ormai ampiamente conosciuta, cioè Studiopretzel.
Ho incontrato poi il designer in occasione di una delle ultime edizioni di Pitti Immagine e mi son fatto promettere che mi avrebbe scritto non appena il materiale fotografico che immortalava le sue creazioni fosse stato pronto. E così è stato.
Quando ho visto gli scatti, che pubblico anche qui, ho capito subito che dovevo chiacchierare un po’ di più con Augusto Titoni della sua linea VV KIDZ, sentendo anche il chiaro desiderio di poter avere questi capi su un set e magari di indossarli in futuro.
Dopo uno scambio fitto di mail eccoci a questo post, dove condivido con voi la nostra chiacchierata, sperando di suscitare in voi lo stesso entusiasmo per la creatività di Titoni che questi abiti hanno scatenato in me.
Welcome Augusto!

 

VV.KIDZ VV.KIDS TITONI (2) VV.KIDS TITONI (1)

 

 

Quando ti sei avvicinato alla moda e quando nello specifico hai deciso di creare qualcosa a tuo nome?
Ho iniziato a circa 20 anni per puro caso e, come molti fanno, con un progetto di T-shirteria chiamato VITTORIO VALERIO. Si trattava di T-shirt lavate con enzimi naturali, dal sapore retrò, di quelle che sembrano tirate fuori dall’armadio dello zio o del fratello maggiore. Proposte come basiche, ma anche serigrafate a mano, tali da sembrare veramente una sorta di archivio da collezionismo reinterpretato attraverso grafiche dal forte sapore pop e dai contenuti assolutamente attuali.
Partimmo forte: due Pitti Uomo consecutivi ci “regalarono” un ottimo commerciale di circa 30 negozi e 4 uffici rappresentanza, poi alcune nostre scelte di strategia poco felici e, soprattutto, un’Italia che si stava affacciando alla crisi economica ed etica dalla quale è tutt’ora contagiata, portarono il progetto a perdere di consapevolezza sino alla decisione di sciogliersi definitivamente. Ciò accadeva nell’estate 2012.
Nell’inverno dello stesso anno nasceva VV KIDZ, appunto la mia personale factory creativa.Nata dalla volontà di creare qualcosa che esprimesse pienamente la mia parte emozionale e raccontasse molto semplicemente storie. Le storie e i luoghi in cui amo immaginarmi.

TITONI (1) TITONI (2)

 

Da dove arrivano gli input ispirativi? Quali mondi sono in grado di influenzarti?
Ho fatto cenno al termine “factory creativa”, VV KIDZ è questo che vuole essere, una sorta di punto di incontro di discipline espressive che convergono in una collezione.
La parte ispirativa in tal senso può provenire dalla musica, piuttosto che da un taglio di capelli ben preciso o da una sfumatura di una barba. Può venirmi da una corrente letteraria, da una poesia o da un quadro di qualche amico pittore.
Ciò che poi alla fine resta importante è che le discipline possano amalgamarsi e dar luogo ad una storia e quindi ad uno stile ben preciso, un mood riconoscibile e coerente alle ispirazioni che stanno a monte.
Ed ecco la collezione VV KIDZ.

 

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Quale figura pensi possa indossare le tue creazioni e chi hai in mente quando crei?
Quando creo penso molto semplicemente alle persone o meglio ai “KID(z) cresciuti ” che passeggiano per le strade dei nostri tempi; penso a tutti coloro che da bambini hanno desiderato essere qualcosa ed hanno semplicemente provato ad esserlo.
Creo dei capi che, con il medesimo ragionamento di un bambino cresciuto, devono essere desiderati prima di prendere possesso dello stile e della forza che vogliono esprimere. Cosi diventa divertente pensare un pantalone in lino damascato su di un potenziale principe d’Oriente , o una giacca che ricorda i Beatles su un ragazzo berlinese e un gilet indossato in una giornata di sole da un illustratore di Montmartre.
Il link tra queste forze opposte è molto semplice: l’uomo con la sacca in spalla, il viaggiatore, il cittadino di questo mondo, consapevole di ciò che indossa, perché consapevole delle sue idee, delle sue emozioni.

Quanto è difficile creare per il guardaroba maschile, da sempre considerato meno eterogeneo di quello femminile?
Come ti accennavo prima è da circa l’età di 20 anni che frequento ambienti di moda, tuttavia non essendo la mia formazione professionale in questo settore, non mi ha permesso di avere ancora una visione abbastanza globale dello stile uomo in relazione al mondo donna; in altri termini non credo di possedere un’esperienza tale da permettermi di paragonare questi due mondi e stimare chi dei due, e quanto, sia più difficile dell’altro.
Quello che posso dirti è che,  per ora, “la vocina” che mi sussurra all’orecchio, mi parla di uomo e penso che la difficoltà più grossa sarebbe,molto  banalmente, proprio quella che “la vocina smettesse di parlare”.
Poi le difficoltà fanno parte dei percorsi, è cosi da sempre ed è bene che sia così.

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Hai collaborato anche con altri marchi giovani, mi riferisco ad esempio a Emiliano Laszlo di Studiopretzel. Cosa pensi del nuovo ricambio generazionale nel made in Italy? Che atmosfera c’è? Chi ti piace?
Emiliano Laszlo è un caro amico e in quanto tale una persona che stimo molto; mi confronto spesso con lui e abbiamo modo di discutere su quelle che appunto sono le difficoltà di realtà emergenti come le nostre sul proporsi oggi nel campo moda.
Mi chiedi di marchi emergenti, io ti parlo proprio di Emiliano: lo ritengo un poeta contemporaneo in quello che fa, abbina disciplina, creatività e contenuto nelle sue collezioni e per me è dunque un grosso punto di riferimento umano e professionale .
Due stagioni fa abbiamo collaborato insieme sulla sua collezione invernale “Army of love”, per me è stato un immenso piacere, proprio perché credo fortemente nella condivisione di spunti creativi, specie se avviene tra due realtà nuove e quindi tra idee pure, non contaminate. Questo porta a concepire forme d’arte superiori rispetto ai “fenomeni autoreferenziali” che ci sono in giro.
Quanto al ricambio generazionale credo che ci siano moltissime idee valide e gente brava in giro, c’è entusiasmo e voglia di proporsi. Tuttavia è tutto molto, troppo difficile, viviamo in un clima di forte tensione. Non c’ è coraggio di investire sui giovani, non ci sono grandi incentivi per promuovere le loro idee, c’è piuttosto la perpetua idea di poter predicare business anche se in giro non ci sono i soldi.
Sembra davvero un epoca pre-rivoluzionaria, di grande caos e poche risorse. Speriamo che la storia insegni e che la rivoluzione si faccia.

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La tua definizione di eleganza?
Per me l’eleganza è un concetto altamente soggettivo: è chiaro che ognuno parta da una personale linea guida dettata dal proprio gusto. Tuttavia, ed è un paradosso, l’eleganza è anche abbastanza oggettiva perché quando c’è veramente, tutti riusciamo a coglierla.
La parola eleganza ha equilibri altamente precari perché le basta poco per sfociare nel pacchiano o cadere nel banale; però è proprio “il terreno fragile” sul quale si sviluppa che la colloca ad un livello in cui trascende la bellezza e l’avvicina al sentimento.
Ecco perché non è cosa da tutti.

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Progetti per il futuro?
Tra progetti per il futuro c’è senza dubbio una crescita ed una maturità della factory che passi attraverso la qualità ed i contenuti, quindi attraverso collaboratori mirati e qualificati.
Non nego che il sogno sarebbe quello di potermi confrontare con mercati un po’ più affini al mio prodotto, parlo ad esempio di Germania e Nord Europa, tuttavia ciò che serve a VV KIDZ  in questo momento è una “riconoscibilità” che possa permettere di confrontarmi con addetti ai lavori ben precisi ed orientati, o almeno aperti, verso il mio mondo.
Sinceramente lo strumento che possa permettermi questo piccolo grande passo non mi è noto. Conosco le fiere e le loro dinamiche, avendole già fatte, e sicuramente costituiscono delle ipotesi che sto prendendo in considerazione.
Vedremo e nel caso vi terrò prontamente aggiornati!

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Le foto della collezione sono state scattate da Simone Stanislai.

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