Parthenope: la collezione di Fabio Costì, in anteprima su lepilloledistefano

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Conosco da tanti anni Fabio, da quando ero fashion director di una rivista indipendente e lui uno dei fotografi che scattava per la testata. Sono anche stato su un set con lui come stylist e ricordo quei momenti con molta tenerezza e affetto, sembrano passati anni luce, molto più di quanto in realtà sia trascorso.
Entrambi siamo cresciuti tanto, io ho continuato a seguire il suo lavoro, ammirandone un lato immaginifico che sembra attingere dall’infanzia e dalle fiabe, ma sempre virate un po’ alla Tim Burton, i suoi servizi fanno sognare, ma c’è sempre qualche elemento che lascia senza fiato, che fa riflettere per la capacità di attingere ai lati più oscuri dell’animo umano.
Ora ritrovo Fabio Costì come designer con una collezione che rimanda, e non è una casualità, alla sua infanzia. Non potevo non intervistarlo e farvi scoprire la sua Parthenope, sicuro che ve ne innamorerete anche voi, come è capitato a me. Enjoy!

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Ti ricordavo fotografo. Abbiamo anche lavorato insieme. Per cui questa tua novità mi ha davvero piacevolmente stupito. Come è nata l’idea di una tua collezione?
In verità stupisce tutt’ora anche me! Non avrei mai pensato di avere questo tipo di evoluzione, ma è accaduto. Negli anni la mia costante principale è sempre stato il disegno, perché non necessita di grandi spazi come ad esempio la scultura (altra mia passione).

L’idea di trasportare le mie illustrazioni su capi mi è venuta in maniera embrionale nel 2009, ma non l’ho mai presa seriamente. Poi l’anno scorso due cari amici hanno visto tutto il materiale e mi hanno praticamente “costretto” a realizzare il progetto.
Oltretutto credo che questa sia l’era del tutto. Nel senso che bisogna attingere a tutte le nostre capacità per essere differenti. Un grande esempio è Karl Lagerfeld. Spero solo che l’Italia sia pronta ad accettare queste nuove figure creative e smetta di invidiarle all’estero, sostenendo quelle made in italy. Si è troppo abituati ad etichettare e il mondo della moda non è da meno.

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Ci racconti la collezione? Ci sono molte grafiche, ma l’uso di colori basici fa pensare ad un certo amore per un minimalismo formale. Sbaglio? 
La scintilla è stato il disegno. Quindi l’uso di colori/non colori sono dovuti al voler riprodurre l’idea della carta incisa dalla grafite. Anche i tagli dei capi sono essenziali. Una tela, un foglio di carta non hanno tanti fronzoli.
Mi piacerebbe che chi andrà a comprare questi capi lo facesse come se comprasse una tela da mettere addosso per andare a cena o a bere un aperitivo. L’arte deve seguirci.

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Da dove sono arrivate le ispirazioni e perché la sirena, che appare sui capi, in maniera molto inusuale e poi ritorna nell’idea delle fotografie? 
Da piccoli quando i miei genitori ci portavano a mangiare il gelato si andava a Mergellina. Si lasciava la macchina parcheggiata a Piazza Sannazzaro. Al centro della piazza che è un delle zone più trafficate che abbia mai visto, sorge la fontana dedicata a Parthenope. Ricordo ancora il momento in cui ho alzato gli occhi e l’ho vista. Era spenta, arida. Dava l’impressione che l’acqua in quella fontana non ci fosse mai stata e la cosa mi colpì molto.
Una sirena senz’acqua muore!
Non so per quale motivo, ma dopo quella visione disegnavo sirene ovunque. Mentre gli origami erano il mio gioco preferito. La carta che è un elemento così delicato poteva volare o navigare,  anche se per un momento brevissimo. Questa collezione è un tributo alla mia infanzia e alla mia terra. Quale modo migliore di iniziare dall’inizio?
L’aspetto fotografico è un riassunto che vuole spiegare in maniera diretta l’ispirazione. La sirena nelle grafiche è specchiata e di base il modo in cui l’ho rappresentata è più un pesce con fattezze umane che un essere umano con la coda da pesce.

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A chi sono rivolti questo capi, a chi pensavi quando li creavi? 
Questi capi sono rivolti ai sognatori, agli ingenui.
È a loro che ho pensato quando ho iniziato a concretizzare il progetto.
A quelli che credono che l’arte possa realmente cambiare la vita delle persone. Quello che mi ha letteralmente spaventato quando ho deciso di realizzare questo progetto è stata la mia presunzione. L’idea che attraverso dei miei disegni delle persone potessero riconoscersi e farli diventare dei biglietti da visita.

In che modo il tuo lavoro di fotografo di moda ti ha aiutato in questo progetto?
È stato fondamentale. Il mio lavoro mi ha portato a rapportarmi con delle cose bellissime. Ho fotografato e maneggiato abiti stupendi, ho conosciuto chi li faceva, chi li abbinava (tu ad esempio!). La vestibilità, l’aspetto scenico di un capo. Senza la fotografia non avrei affinato il mio gusto che dopo tanti anni di carriera si è fatto deciso e riconoscibile.

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Quali insegnamenti nuovi ne hai invece tratto? 
Ho imparato cosa è un cartamodello e a comunicare con i confezionisti. Ho imparato che la puntualità nelle consegne non può esistere anche se ti muovi d’anticipo. Ho visto la straordinaria manualità degli artigiani italiani che mi hanno insegnato a notare come il semplice dettaglio di una cucitura può fare la differenza. 

Come proseguirà il progetto e quali i tuoi sogni per il futuro? 
Il progetto è molto ambizioso. Ci sarà un invernale che sarà l’evoluzione di questo estivo con un incremento di capi e colori, ma credimi Stefano non so essere esaustivo in questa risposta, è tutto legato al mio vivere ed io sono abituato a sentirmi mortale.
Il mio sogno principale è quello di incrociare un estraneo che indossa un mio capo, fermarlo e chiedergli di farci un selfie!

 

 

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Photo e concept: Fabio Costì www.fabiocosti.com

Models: Corinne Piccolo and Patrick Mahlmeyer @2 Morrow Model

Make up: Elena Pivetta

Hair: Ana Rodriguez

 

 

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