Talenti emergenti: Eva Dub, la vincitrice di ‘ABITIamo in Via Caprera’ 2014 con il suo “Geometrie non euclidee” (finally la mia intervista alla designer!)

È stata la vincitrice, nella categoria ‘Abito d’Arte’, dell’edizione 2014 di ‘ABITIamo in Via Caprera’. Ricordo quando ho visto il suo outfit e ricordo anche il voto che le ho dato come giurato di quel concorso, la certezza assoluta che dovesse ricevere un premio. Questo perché la proposta di Eva Dub raccontava in maniera perfetta un mondo, con capi non solo realizzati alla perfezione, ma che sarebbe facile immaginare addosso ad una cantante, ad una performer su un palco.
Ricordo che osservavo “Geometrie non euclidee”, così la designer aveva chiamato la sua proposta per il concorso, e pensavo agli anni Ottanta, a Grace Jones e a Keith Haring che in un video le decorava una gonna enorme, ai creativi di quel decennio e di come l’interpretazione della stilista risultasse non un omaggio, o almeno non solo, ma una contemporanea e desiderabile versione di quel mondo.
Non mi ha stupito la perfezione della realizzazione dell’outfit, quando ho scoperto che Eva è cresciuta giocando nella sartoria della nonna paterna, così come non mi ha sorpreso, andando a curiosare nei suoi lavori passati, cogliere molti riferimenti etnici, visto che non solo la stilista ama viaggiare e andare a scoprire culture lontane, andare a conoscerne le abitudini e i costumi, ma che è anche fondatrice e presidente di una associazione le cui attività sono volte a creare eventi, promuovendo la visibilità di artisti del territorio e la comunicazione sui temi delle attività giovanili e dell’immigrazione.
Un personaggio interessante, che collabora con associazioni no-profit, ma anche dj e appassionata di musica reggae, una stilista che ha un forte legame con le proprie radici e con un modo di fare abiti ancora artigianale, il sottotitolo nel suo sito è “Handmade in Venice”, una figura che ha molto da raccontare, come ben si evince dalla nostra chiacchierata.
Questa la mia intervista a Eva Dub, mentre se vorrete saperne di più vi rimando al suo sito evadub.com.

Come hai iniziato e quando hai deciso che la moda era il tuo mondo?
È difficile dire esattamente come e quando ho iniziato: ho passato la mia infanzia nella sartoria della nonna paterna, giocando tra stoffe, merletti e bottoni; all’epoca della scuola passavo il tempo libero nell’azienda dei miei genitori, aiutando come potevo nelle mansioni più semplici.
In seguito ho cominciato a lavorare nella sartoria di famiglia, occupandomi non solo di ricerca e ideazione, scoprendo così le mie abilità di stilista, ma anche di consulenza al cliente, affinando la mie capacità nel capire la persona che si rivolge a me, per consigliarla al meglio nella realizzazione del proprio abito.
Ora, invece, seguo la mia strada, creando la mia linea personale di abbigliamento e arredamento.

 

Un ritratto della designer Eva Dub.
Un ritratto della designer Eva Dub. A seguire alcune delle proposte ideate dalla stilista.

Ci racconti da dove arrivano le ispirazioni? Ad esempio ricordo un po’ di tempo fa delle forti influenze etniche, che forse ora ci sono meno, sbaglio?
Della moda mi piace tutto: dagli abiti del Seicento agli anni Venti, dall’abito maschile classico a quello più femminile da sera, dalle linee essenziali e pulite al gusto esagerato e stravagante, e potrei andare avanti ancora.
Da tutto ciò traggo suggestioni, ma le cose che mi affascinano e ispirano in particolare sono la cultura e le tradizioni rappresentative dei popoli di tutto il globo, per cui quando posso prendo un aereo e vado ad esplorare con gli occhi ed il cuore, cercando di scoprire nel profondo le terre e le popolazioni che le vivono, per riempire la mia valigia non solo di pezzi di artigianato locale, ma soprattutto di valori sconosciuti, di storie autentiche e difficili, di bellezza genuina.
Così ho fatto nel 2009 quando sono partita per il nord dell’Uganda, spinta da un ancestrale richiamo per l’Africa, con l’obbiettivo di realizzare un progetto di moda solidale con alcune realtà locali, esperienza indimenticabile da cui è nata una collezione con tessuti wax e tye&die realizzati dalle donne che lì ho conosciuto.

Alby-Loreto_(2009)__434 Alby-Loreto_(2009)__496

In generale, se dovessi descrivere ora il tuo stile?
Da diversi anni sono immersa nella tendenza del “trasformabile”, retaggio di un intenso percorso personale nel teatro di ricerca, in cui un oggetto in scena può assumere valenze completamente diverse dal suo reale uso.
Ho applicato lo stesso principio agli abiti che realizzo, giocando con forme e drappeggi per trovare la multi-funzionalità del capo.
Ad ogni modo le influenze etniche sono spesso presenti: per esempio la mia giacca Kitamo è chiaramente d’ispirazione giapponese, così come la jumpsuit Kymani è nata dai classici pantaloni turchi da uomo.

A cosa stai lavorando al momento?
Non seguendo i dettami della moda classica, mi trovo ora ad ultimare la collezione a/i 2016.
Ti anticipo solo che da poco ho fatto un viaggio nel Sud-Est Asiatico alla scoperta di alcune minoranze etniche, rimanendo incantata da alcune di esse per la bellezza dei loro manufatti, ma profondamente scalfita dalle loro vicende politiche attuali di emarginazione, dalla loro lotta costante tra tradizione e modernità, tra salvaguardia dei costumi antichi e adattamento ad una società in rapida evoluzione.
Le mie prossime collezioni saranno dedicate a loro, per portare un’attenzione, seppur piccola, alle vicissitudini di queste minoranze in particolare e più in generale alla nostra difficoltà ad accettare “il diverso”.

kymani win - Copia

kitamosequenza4 2 yoko sequenza4 jumpsuit kymani

 

Lo scorso anno ero in giuria al concorso ‘ABITIamo in Via Caprera’ a Vittorio Veneto, che hai vinto tu, con un abito che a me ricordava gli anni Ottanta, Mugler e Grace Jones. Mi racconti quel capo?
“Geometrie non euclidee”, il titolo dell’abito, nasce da una pluralità di suggestioni : innanzitutto dal mio interesse  per Oskar Schlemmer, uno dei Maestri della scuola Bauhaus, con la quale ho avuto la fortuna di collaborare direttamente alcuni anni fa, e in particolar modo ai costumi ideati per il Triadisches Ballet del 1922, gli stessi a cui si sono ispirati, come giustamente dici tu, Grace Jones e David Bowie negli anni 80.
Influenzata dalla ricerca di Schlemmer del rapporto strutturale ed espressivo tra forme cromatiche, plastiche e architettoniche, e dall’abbattimento degli schemi dell’Avant-Pop, in cui il corpo è parcellizzato, sottoposto a deformazioni, ho realizzato “Geometrie non euclidee” combinando  un corpetto con maniche esagerate ad una gonna lunga circa 5 metri, giocando con seta elasticizzata a righe e grandi pois che richiamano Yayoi Kusama, per il primo, cotone con stampa  caleidoscopica per la seconda, ed una giacca double-faces in neoprene nero doppiata con lo stesso cotone della gonna.
Tutto rigorosamente bianco e nero ad eccezione di un piccolo tocco di colore dato dai bottoni, anche questi realizzati da me, utilizzando alcuni dadi del Cubo di Rubik, utilizzo mai fatto prima del famoso rompicapo degli anni ottanta.
L’abito è indossabile e pensato per un atto performativo.

E quanta l’emozione di un riconoscimento come questo per il tuo lavoro?
Poche volte ho partecipato a concorsi e vincere l’edizione 2014 di ‘ABITIamo in Via Caprera’ è stata davvero una sorpresa. “Geometrie non euclidee” nasce appositamente per il concorso, dopo che gli organizzatori mi hanno invitato a partecipare e a loro sono grata per avermi dato lo stimolo per realizzare qualcosa di nuovo.
‘ABITIamo in via Caprera’ e la festa che le fa da cornice sono un’esperienza gioiosa di aggregazione, un salto nel passato tra storie di botteghe e osterie, una genuina attualizzazione delle tradizioni popolari.

Progetti per il futuro?
Essere felice, con semplicità, facendo ciò che amo.

"Geometrie non euclidee", l'outfit creato da Eva Dub che le ha valso la vittoria all'edizione 2014 di 'ABITIamo in Via Caprera'.
“Geometrie non euclidee”, l’outfit creato da Eva Dub che le ha valso la vittoria all’edizione 2014 di ‘ABITIamo in Via Caprera’.

Post your thoughts